La pratica del Cattura e Rilascia più conosciuta col termine inglese Catch and Release è sempre più diffusa per svariate ragioni. Potreste dover rilasciare il pescato perché sotto misura, perché non intendete mangiarlo, perché previsto dal regolamento del tratto di fiume in cui state pescando o perché credete possa essere un mezzo per garantire sostenibilità della pesca dilettantistica. In questo testo trattiamo 5 linee guida utili a raggiungere lo scopo del Catch and Release: garantire la più alta probabilità possibile di sopravvivenza del pescato rilasciato.
Amo o Ancoretta?
Il primo cruccio nella pesca riguarda da sempre la scelta dell’amo giusto. La dimensione dell’amo e quindi dell'esca è determinante nel definire tra le altre cose l’entità del danno che provocheremo al pesce. La prima regola del catch and release è non usare ancorette ma, anche per gli artificiali, ami e di non sotto dimensionarli inutilmente. Praticamente tutti gli artificiali di tipo hard-bait ( i pesciolini finti per capirsi ) sono armati con delle ancorette che però possono sempre essere sostituite con degli ami. In commercio esistono esche armate già con amo barberless per la pesca Catch&Release e ami specifici con forme particolari e occhielli più larghi per adattarsi a tutti gli artificiali e se necessario, possono essere acquistati persino senza ardiglione. Con sempre più facilità inoltre si trovano alcuni utili strumenti come le pinze per "split ring” dotate di un piccolo “dentino” che serve ad allargare gli anelli sui quali sono agganciate le ancorette e gli ami.
Come salpare il pesce?
Il momento della cattura è ovviamente molto stressante per il pesce. Come accade per l’uomo durante una intensa attività fisica, durante lo sforzo del combattimento il pesce produce il lattato detto anche acido lattico. Il lattato è un composto tossico per le cellule e si è scoperto essere la causa della morte anche dopo ore, di alcuni pesci rilasciati positivamente e con estrema attenzione. Per prevenire questa circostanza è importante ridurre il più possibile la durata del combattimento, scegliendo prima di tutto un filo robusto, possibilmente sovradimensionato nel carico di rottura che ci consenta di “forzare la mano” e salpare velocemente il pescato. L’avanzata tecnologia impiegata nella realizzazione dei fili da pesca consente di trovare in commercio fili sottili con elevati carichi di rottura che quindi consentendo l’utilizzo anche di attrezzature leggere. E’ inoltre molto importante toccare il pesce solo con le mani bagnate evitando stracci o altro, e salparlo con guadini con maglie in gomma di dimensioni adeguate che evitano di rimuovere dal corpo del pesce il suo naturale muco protettivo e evitano che il pesce possa danneggiarsi incastrandosi in magli troppo larghe.
Come rimuovere l'amo?
Esistono innumerevoli tipi diversi di utensili per rimuovere l’amo. Dalle pinze chirurgiche allo slamatore la scelta è del tutto personale a patto che anche in questo caso non esageriate. Ricordate che per ogni cosa c'è l’attrezzo giusto. La pinza da elettricista è sicuramente funzionale … per un elettricista! ;-). Lo slamatore è estremamente rapido come utensile ma ricordate che ogni slamatore è utile all’interno di un determinato range di ami. Quindi potrebbero servirvene più d’uno. Rimuovere l’amo lasciando vivo il pescato può essere complicato. La prima regola è di usare la pinza o lo slamatore senza toccare le branchie del pesce, tenendolo in acqua, toccandolo il meno possibile e solo con le mani nude bagnate. Niente stracci o guanti perché la pelle del pesce è ricoperta da una mucosa che lo ripara dagli attacchi dei parassiti e dalle infezioni e che quindi non dobbiamo rimuovere. Se il pesce è molto grande e pesante esistono in commercio dei tappetini di gomma con sponda dove può essere appoggiato per renderci tutto più facile. Addirittura esistono in commercio dei disinfettanti per le ferite del pesce. Quello che dovete fare se l’amo è impossibile da rimuovere perché vicino alla branchie o troppo in profondità in gola è lasciarlo dov’è tagliando la lenza il più vicino possibile all’occhiello. La ruggine farà il resto. Questa soluzione incrementa drasticamente le possibilità che il pesce rimanga in vita.
Come rilasciare il pescato?
A volte anche dopo brevi combattimenti il pesce risulta stremato ed è quindi utile cercare di ossigenarlo prima del rilascio. Se stai pescando in acqua corrente immergi il pescato orientato contro corrente in modo che il flusso di acqua investa la testa ossigenando le branchie. Se invece sei in acque calme muovilo gentilmente avanti e indietro disegnando un otto in modo da aumentare la quantità d’acqua che investe le sue branchie. Rilascialo appena riacquista vigore. Se vuoi scattare una foto del pescato, sii veloce. Non tenerlo solo dalla mandibola quando è fuori dall’acqua e sottoposto al suo stesso peso, ma usa entrambe le mani per sostenerlo. Ricorda che la struttura di un pesce è stata pensata per vivere in acqua e spesso collassa sotto il suo stesso peso quando non è immerso.
Il barotrauma
I pesci hanno al loro interno uno speciale budello chiamato vescica natatoria. La vescica natatoria serve ad aiutare il pesce a bilanciare il suo peso e la spinta dell’acqua alle varie profondità. Quando portiamo velocemente in superficie un pesce pescato in acque profonde i gas contenuti nella vescica natatoria si espandono e la vescica si gonfia come un palloncino. In alcuni casi la vescica fuoriesce dalla bocca del pesce o dall’ano. Un pesce in queste condizioni potrebbe non riuscire a nuotare a fondo per ristabilire la giusta pressione dei gas nella vescica natatoria o nel gonfiarsi la vescica natatoria potrebbe aver schiacciato e danneggiato altri organi interni. Quello che fino a qualche anno fa si credeva un problema limitato alla pesca in mare è invece comune a molte specie di pesci. La profondità alla quale si manifesta dipende da specie a specie e non è possibile indicarla con precisione. L’effetto del barotrauma può essere molto grave, e l’unica soluzione è piuttosto drastica. Evitate di pescare pesci in acque profonde se pensate di rilasciarli.