La scienza viene in aiuto alla pesca ad Eging cercando di spiegare quali caratteristiche biologiche determinano alcuni meccanismi sul funzionamento dei sensi dei cefapolodi. Conoscere la biologia dei pesci aiuta noi pescatori ad ottimizzare e perfezionare la scelta dell'attrezzatura migliore per la pesca di seppie e calamari.
I cefalopodi fanno parte del phylum Mollusca, sono esclusivamente marini, in parte costieri, in parte pelagici, talvolta abissali e tra i più evoluti di questo macro-gruppo. Si dividono in:
- Bentonici: la cui vita è legata strettamente al fondale come il Polpo (Octopus vulgaris) e il Moscardino (Eledone moschata).
- Nectonici: la cui vita avviene lungo la colonna d'acqua come la Seppia (Sepia officinalis) e il Calamaro (Loligo vulgaris).
Questi animali presentano un corpo affusolato (Capo in cui sono presenti tutti gli organi vitali) e 8 braccia con diverse funzioni; da sottolineare il fatto che nelle seppie e nei calamari, 2 di queste appendici sono tentacoli. Le appendici dei Cefalopodi – indiscriminatamente chiamate “tentacoli” – si dividono in braccia e tentacoli veri e propri. Le braccia possiedono una doppia fila di ventose disposte per tutta la loro lunghezza. Nei tentacoli invece le ventose sono addensate nell'estremità distale dell'appendice.
La caratteristica dei cefalopodi più affascinante che desidero approfondire in questo articolo è la loro vista.
L'occhio dei cefalopodi vede i colori?
L'occhio dei cefalopodi è il più simile a quello dei pesci (vertebrati) nell'ambiente acquatico in quanto possiede un cristallino sferico per poter mettere a fuoco le immagini. La retina è dotata di un solo tipo di fotorecettori (i rabdomeri) con il pigmento esposto direttamente alla luce (normalmente il foto-pigmento è rivolto in direzione opposta per evitare l'ossidazione). I rabdomeri sono disposti ad angolo retto gli uni con gli altri, questo permette all'animale di percepire la luce polarizzata e di sfruttare questa capacità per orientarsi in mancanza di riferimenti visivi. In alcuni casi l'animale ha adattato gli occhi in base all'ambiente in cui esso vive: ne è un esempio il Calamaro strabico ( Histioteuthis heteropsis) che vive a 500 m di profondità.
Esso presenta infatti un occhio, il sinistro, molto grande che si è adattato alla vista verso l'alto, diretto alla luce per individuare eventuali prede. L'occhio destro invece è piccolo e infossato, spesso con un cristallino giallo, per individuare potenziali predatori bioluminescenti (senza cristallino giallo quest'ultimi risulterebbero invisibili). Interessante è notare il fatto che solamente chi possiede tre pigmenti fotorecettori è in grado di vedere a colori, in poche parole i cefalopodi VEDONO IN BIANCO E NERO, ad accezione del calamaro lucciola (Watasenia scintillans) che presumibilmente riesce a distinguere varie scale cromatiche.
Vista a colori ... più o meno!
Vista la mancanza della vista a colori, come riescono effettivamente i cefalopodi a mimetizzarsi perfettamente su vari substrati? Questa capacità deriva dalla speciale forma della pupilla, particolarmente visibile nelle seppie.
Le dimensioni e la forma irregolare della pupilla (nella seppia è evidente ad esempio la classica forma a W) favoriscono la cosiddetta aberrazione cromatica ovvero una specie di visione a colori determinata dalla diversa messa a fuoco delle varie lunghezze d'onda della luce sulla retina, dove le immagini appaiono sfocate. L'aberrazione cromatica non è altro che una sfocatura dipendente dal colore e, concentrandosi attraverso i diversi colori, è teoricamente possibile per i cefalopodi usare i loro occhi come uno spettrofotometro capace focalizzare ogni lunghezza d'onda in sequenza per distinguere il colore. Ecco come potrebbe vedere una seppia:
Si ritiene che la messa a fuoco delle singole frequenze della luce sulla retina permetta ai cefalopodi di distinguere i colori sulla base del livello di sfocatura. Questo si traduce con una visione che permette molto bene l'individuazione dei contrasti di colori: un esempio è che la risoluzione dei contrasti nella seppia è del 5%, nell'uomo è solo del 2%. In sostanza i cefalopodi vedono molto bene le forme e i colori che vengono individuati in base alle varie sfocature. (Berkeley e Harvard Stubbs hanno fornito una spiegazione plausibile per l'antico paradosso del camuffamento del colore nei cefalopodi daltonici per approfondimenti rimandiamo a questo articolo).
Mimetismo in un mondo in bianco e nero
Il mimetismo dei cefalopodi è forse la caratteristica estetica più affascinante ed evidente che essi possiedono. Questi organismi possono cambiare colore per confondersi e mimetizzarsi con l'ambiente circostante e in alcuni casi possono modificare leggermente la loro forma per poter ingannare meglio preda o predatore (Omocromia e Omomorfia).
Questo cambiamento repentino di colore è possibile grazie alla presenza di particolari cellule dette CROMATOFORI: esse hanno una vescicola piena di pigmento e sono circondati da fasci muscolari molto sottili ma molto reattivi. Questi muscoli regolano la dispersione del pigmento all'interno del sacculo in modo tale che, più i muscoli sono rilassati più il colore della cellula e quindi della porzione di corpo dell'animale risulta scuro poiché il pigmento è distribuito uniformemente nella cellula stessa, viceversa più i muscoli sono contratti, più il pigmento viene accumulato al centro della cellula più il colore risulta chiaro. Il mimetismo dei cefalopodi funziona alla perfezione dove gli ambienti hanno colori “naturali” quindi scale cromatiche di grigi, marroni e rossi; quando l'animale viene spostato in ambienti dove i colori sono più sgargianti e intensi quest'ultimo non riesce a riprodurre perfettamente il colore ma riprodurrà solamente i contrasti cromatici.
Eging: una pesca tutta da reinventare
Con il termine Eging si indica la pesca ai cefalopodi mediante un’esca chiamata, appunto, Egi. Questa tecnica di pesca al calamaro e alla seppia si pratica sia dalla barca che da riva e prevede l'utilizzo di un'esca artificiale molto colorata la cui forma ricorda quella di un gambero. Questa tecnica di origine Giapponese si basa sul principio biologico che questi animali sono predatori che cacciano le loro prede basandosi sulla vista. Abbiamo visto però che in realtà, i cefalopodi vedono i colori come li vediamo noi. Questo tipo di esche artificiali imitano i movimenti delle naturali prede dei cefalopodi che per attaccarle usano una tecnica predatoria molto particolare; si avvicinano alla preda e allungano in maniera repentina i tentacoli che, avvolgendosi intorno alla preda, la portano vicino alla bocca dove viene sminuzzata dal potente becco.
Il colore dell'artificiale rappresenta una caratteristica molto importante non in quanto tale ma perché contribuisce significatamene a come il cefalopode ne distingue la forma e assieme alla dimensione e al movimento rendono l’artificiale più o meno efficace nella sessione di pesca. Le variazioni di luce giornaliera, la trasparenza dell’acqua, la posizione del sole e la profondità di pesca contribuiscono a determinare il colore da usare. Per ottenere i risultati migliori è quindi importante procedere per tentavi sostituendo frequentemente gli artificiali fino ad individuare l’artificiale perfetto per la sessione di pesca ed essere disposti a rivedere la propria scelta non appena le condizioni cambiano.